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  • C’ è lo yoga fatto di posizioni, respiri, meditazione, e c’è lo yoga di tutti i giorni fatto di presenza, di auto conoscenza, di sguardi e slanci verso il bello, il buono, il giusto. Modi per nutrire la nostra parte più profonda e nobile. Spesso l’attenzione verso il canto di un uccello o il guardare un fiore producono più di molte attività frenetiche. Da Baudelaire: “… i minuti sono sabbie, o allegro mortale, che non possiamo lasciare senza estrarne un po’ d’oro.” Buona trasformazione a tutti.

  • Vivendo in centro, una delle cose che per me era più evidente di questa chiusura era il silenzio; a parte qualche uccello che cantava o qualcuno che passava sui piedi morbidi per fare la spesa od uscire col cane, la città era veramente silenziosa… e questo silenzio, in un certo senso, mi coccolava e mi dava una sensazione di spazio. Adesso, pianpiano, i suoni ed i rumori esterni della città stanno tornando e – come scrive anche Luciana – la sfida è di non lasciare che questi (come altre cose esterne) influenzino il silenzio ed lo spazio interno. Con l’aiuto della pratica dello yoga, cerchiamo – come dice Lorenza – di essere capitani delle proprie barche, anche nei fracassi e nelle tempeste. Un saluto silenzioso, Maria

    • Quello che per molti è stato un periodo di silenzio, per me, infermiere in casa di riposo, è stato un vero mare in tempesta. A volte la mia barca era governata, altre in balia di se stessa, ma la sfida viene ora. Il ritorno alla vecchie, buone??? abitudini è come una mare piatto ed è facile dimenticarsi di governare la barca, di seguire la rotta perché si è distratti dal “panorama”. Io non mi sento capitano, ma voglio imparare a governare sempre meglio la mia barca. Voglio imparare dalla vita ed anche dai compagni di viaggio. Buona navigazione a tutti.

      • Quanto scrive Flavio mi fa riflettere. Ho la sensazione viva che le condizioni esterne non abbiano particolare influenza se c’è un capitano che governa la nave.
        In situazioni completamente diverse il timore comune che emerge è il trascinamento dell’inerzia, l’essere risucchiati da qualcosa che non controlliamo, che anzi ci controlla. Qualunque sia la condizione esterna se non siamo capitani la nostra nave è in balia delle onde della tempesta come della calma troppo piatta.

    • Questo momento, diciamo di ripresa mi fa venire in mente un paragone con quando si fa la seduta o una pratica.
      In un certo senso ci si ferma, l’esterno è come se fosse messo in pausa e ci si può dedicare all’interno. Ed è quello che in un certo senso è successo in questo periodo: le attività esteriori erano ferme ma si poteva agire in casa e abbiamo scoperto quanta possibilità c’era in questa fermata. Adesso si cerca di non perdere questa attitudine verso l’interno. Così mi viene da pensare: è la stessa cosa che provo quando concludo una pratica posso tornare alla normalità, oppure non dimenticare.

    • In questo periodo sto comprendendo come il silenzio – quello interiore, che può essere favorito da quello esteriore, ma che non deve però dipendere necessariamente da quest’ultimo – sia una condizione essenziale per entrare in uno stato di presenza. In quello stato – per rimanere nella metafora della barca in navigazione – trovo sia la bussola che il timone, ma soprattutto vedo dove voglio andare. E’ una sensazione difficile da spiegare a parole: nel silenzio sei già là dove “volgi” lo sguardo. E’ immediato, come uno spostamento alla velocità della luce.

  • aria di ripresa, finalmente si può uscire e tornare alla propria vita di prima….Personalmente non ho vissuto male questo periodo di chiusura, mi ha permesso di svuotare il tempo dai soliti impegni e i pensieri dai soliti circuiti meccanici; mi ha permesso di vedere che il tempo svuotato potevo decidere io con cosa riempirlo, senza attendere che si riempisse da solo; mi ha permesso di sperimentare che lo yoga è uno strumento che da risultati in proporzione a quanto e come lo si utilizza e che una seduta quotidiana aiuta a ricentrarsi ogni giorno; mi ha permesso di ritrovare una dimensione affettiva più piena e meno di fretta. Ho ascoltato il respiro e svuotato la mente, cercando di essere nel presente, senza essere risucchiata dalle situazioni. Ora la vera sfida è di non perdere tutto questo, portando con me tutto quanto di utile ho imparato e lasciar andare tutto quanto di inutile potrebbe tornare a riempire le mie giornate e i miei pensieri.
    un abbraccio a tutti

    • Istintivamente mi e’ venuto di chiedermi in questi giorni cosa abbia evidenziato questo forte cambiamento esterno e cosa mi abbia permesso di ‘ritrovare’: il silenzio esterno, il ritmo naturale del vivere, la lucentezza della natura, la limpidezza del cielo dimenticata, la trasparenza e il profumo dell’aria di primavera e un anelito che tutto cio’ non vada perduto. Tutto questo lo ritroviamo in noi stessi attraverso la pratica tanto antica, quanto vitale dello Yoga.

      • Anch’io  mi ritrovo molto nelle parole di Eliana. In questo periodo, forse anche per merito del silenzio che ha regnato, ho fatto piu’ del solito attenzione ai mutamenti della natura. 

        Ho cercato di muovermi piano e di respirare con lei. 

        Ho anche piantato semi e piccoli ortaggi  , li guardo crescere e li curo, aspettando che questo accada anche dentro di me.

    • Mi sento molto vicina a ciò che dici, sono anche i miei pensieri di questi giorni.
      E’ una vera sfida sintonizzarsi sul proprio ritmo, ascoltare davvero ciò che c’è fuori e ciò che c’è dentro, vedere davvero ciò che c’è fuori e ciò che c’è dentro; stare nel proprio corpo come un capitano sulla propria barca, al timone, senza perdere la direzione. Il mare può essere calmo o in tempesta, ci può essere una brezza leggera o venti violenti.
      Il mare può essere in innumerevoli stati, la direzione non muta. La sfida è ricordarlo, ricordarsi di sè stessi.

      • Si, il proprio giusto ‘ritmo’ che nasce dalla continuità, dal giorno dopo giorno, dalla volontà, dall’accettazione che non sempre si è uguali, dal comprendere che non è il quanto faccio, ma il come io sono in quello che faccio, trascurando aspettative immaginarie che nulla hanno a che vedere con il vissuto del momento presente .

      • Riprendendo le parole di Stefano, la sfida è esserci, non passare.
        Utilizzando una bussola interna per orientarsi, una bussola che sa quale sia la direzione, ma che come tutti gli strumenti va tarata e regolata con cura.

  • il respiro …
    nella pratica viene insegnato a sentirlo, a controllarlo e poi a sospenderlo.
    Poi fermato il respiro si fermano i pensieri, la mente si acquieta.
    E allora una domanda mi sorge: cosa rimane, cosa c’è sotto questi strati ?
    Qualsiasi spiegazione mi riporta agli strati precedenti.

  • In quasi tutte le sedute nel momento dell’apnea, sia nelle respirazione che nel bastone, è il momento che mi sento più presente, il momento che sono completamente sgombra dai pensieri e che mi sembra che il mio corpo, come una grande mano, afferra l’istante.

    • Questa sera ho fatto la seduta seguendo il respiro portando l’attenzione alle ali del naso rilassate che permettevano il passaggio docile dell’aria; contemporaneamente la mia attenzione era indirizzata al movimento. Ne è sorta un’esperienza di armonia profonda.

    • Cara Jonida, cari tutti, l’apnea… un momento di sospensione, un vuoto dalle solite cose… per lasciar spazio alla nostra presenza ed alla nostra essenza. Un caro saluto, Maria

    • Il momento della sospensione del respiro, se praticato con consapevolezza e previe indicazioni, è la fase in cui i sensi si ritraggono e possiamo fare effettivamente l’esperienza dell’assenza di pensieri, come dici tu Jonida, o del vuoto mentale; esperienza che può proseguire anche dopo la ripresa della respirazione. Durante l’inspirazione o l’espirazione gli effetti sono diversi, ma se riusciamo a mantenere la concentrazione, aiutandoci anche come dice Flavio con l’attenzione costante all’aria che entra ed esce, i sensi sono attivi ma la nostra attenzione ne canalizza la direzione e quindi non c’è distrazione; ed anche il movimento nelle posizioni è più pulito ed armonioso.
      Quest’attenzione al respiro la possiamo portare anche nella nostra giornata e ci dona un senso di presenza che può favorire anche il collegamento tra di noi.

      • l’attenzione al respiro, anche al di fuori della seduta, ci aiuta ad andare oltre la meccanicità e ci avvicina al ricordo di sè

        • durante le passeggiate ci si può muovere al ritmo di un om ogni passo; 8 om in ispirazione, 4 om in ritenzione, 16 om in espirazione. Questo esercizio, se tenuto con attenzione per almeno trenta cicli, può permetterci di provare in modo più chiaro e pulito, percezioni, pensieri, emozioni.

  • ESPIRARE
    L’espirazione è come una ultima esalazione
    Come un avvicinamento alla morte
    Per questo è così difficile controllarla
    Inspirare è come un rimbalzo di una palla di gomma
    Espirare è il centro dell’attenzione
    Lo sforzo chiave sulla via

    • CHI respira?

    • Inspirare primo atto della vita, è il prendere/ricevere però poi necessariamente bisogna espirare, è il lasciar andare/donare, Questa alternanza del respiro è il dono concreto della vita in cui noi ‘ci siamo ora’.
      .

    • Ultimamente mi soffermo oltre che sull’attenzione al respiro anche sulla sensazione generale che l’atto del respirare produce, anche a livello fisico. Il corpo inspira, il corso espira. Cade un diaframma tra corpo e respiro.

    • Mi rendo conto, facendo i respiri tutte le mattina appena alzata, che non è facile lasciare entrare e lasciare uscire il respiro senza “oppormi”, con le rigidità della mente, dei pensieri, delle emozioni, del corpo.
      Mi piace pensare che aprire le porte del proprio corpo al respiro sarebbe / è un tuffo nella vita: immersi e presenti.

    • la respirazione per me da sempre è una connessione profonda con un ritmo, personale certo ma anche universale: quando faccio i respiri e mi connetto con il ritmo del respiro ho spesso la sensazione di un respiro cosmico, atavico a cui il mio respiro si sintonizza portandomi ad uno stato di profonda unità con me stessa e soprattutto con l’universo. La sensazione è di respirare all’interno di qualcosa di più grande che respira con me.

  • Oggi mentre tornavo dal giornalaio sono passato per parco, ci passo spesso quando rientro dalle uniche uscite per le compere che questo periodo mi concede. Il parco era vuoto c’era silenzio, forse per coincidenza c’era silenzio anche in me, mi sono accorto della presenza della natura. Vedevo gli alberi, il prato , i cespugli con i fiori, e io ero lì.
    Il silenzio che si impara dalla pratica mi è stato di aiuto, quel silenzio con cui si inizia la seduta e che ci accompagna fino allo stiramento finale era lì con me.
    Come ripeto passo di frequente da quei luoghi ma lo faccio preso dai miei pensieri e dalle mie fantasie. Di solito passo, oggi c’ero.

    • Silenzio, entrarci, rimanerci, un vuoto-pieno.

    • Quale differenza ad un certo punto della vita poter dire: “Ci sono” piuttosto che dire “Sono passato” . Grazie Stefano

    • Mi risuona molto la chiusura: di solito passo, oggi c’ero. Una differenza abissale, un’esperienza piena nel vuoto del silenzio.
      Grazie Stefano

    • Di solito passo, ora ci sono
      Semplicissimo e difficilissimo. Bellissimo.
      Grazie

    • Grazie Stefano del regalo che ci hai fatto sollecitando la ricerca verso ‘essere’ piuttosto che ‘passare’ in un luogo, ma anche in un momento… quante volte trascuriamo i luoghi attraversandoli o i momenti sopravvivendoli invece che esserci e viverli? Un saluto riconoscente, Maria

      • Un saluto riconoscente a voi compagni con cui posso condividere queste esperienze.
        Ora questa esperienza mi torna ancora più piena grazie alla condivisione con altre persone.
        Stefano

  • Anche oggi la seduta è stata fonte di ispirazione e di spunti di lavoro. Se riesco a sgomberare la mente dagli schemi, dalle paure anche le più sottili, dal giudizio, rimango da sola con la posizione e posso osservare, ascoltare. Oggi facendo la posizione del guerriero mi si è ripresentata un’osservazione che avevo avuto in forma più di intuizione in un’altra seduta ed è il ruolo fondamentale delle braccia nell’equilibrio generale della posizione. Le braccia ben stese, ben allungate verso l’alto, ben posizionate costituiscono un punto focale, paradossalmente quasi un terzo punto di appoggio che aiuta a sostenere il corpo, insieme ai piedi. Trascurando il ruolo delle braccia, tutta presa dalla necessità di mantenere l’equilibrio sulle gambe, ho in realtà trascurato proprio il fattore che più aiuta a mantenere lo stesso. Un’altra occasione di riflettere sul potere dello yoga di spezzare con dolcezza tanti schemi mentali che sono consolidati in noi ma che di fatto ci ostacolano nel lavoro.
    Una buona serata a tutti

    • Chi lo chiama potere, chi lo chiama magia, ma ciò che accomuna nella pratica dello Yoga è la “scoperta” di come è possibile andare oltre certi limiti ampliando la propria visione e comprensione e come dice Luciana superando vecchi schemi con dolcezza.

    • E’ molto bella l’immagine delle braccia come “un terzo punto di appoggio”, perché da proprio l’idea di come lo yoga possa permettere di sviluppare una visione più intuitiva, che associa idee e parole che la ragione non può accettare di accostare. Mi verrebbe da dire che la posizione sulla testa, può aver favorito questo ribaltamento di piani.
      Ogni dettaglio nelle posizioni è importante, perché la tecnica serve a superare le leggi ed a condurci verso la libertà.

      • Sì lo stupore nasce proprio da questo accostamento di idee e parole che la mente non può accettare, ma che è quello che serve in quel momento. Accorgersi di quanti limiti creiamo intorno a qualcosa di molto semplice e intuitivo ma che la mente non riuscendo a catalogare non accetta, di quanto di fatto ostacoliamo la nostra pratica con schemi inutili è sempre per me fonte di stupore.

  • Cari tutti, dagli ultimi interventi mi viene da dire che siamo tanti semi… semi con la spinta, e la capacità, di crescere per diventare gli alberi che siamo destinati a diventare. Ognuno il proprio albero, con le sue forme e caratteristiche ed il suo percorso di crescita, ma insieme in un meraviglioso e magico bosco collettivo. In questo bosco, gli alberi possono communicare fra di loro, esplorare insieme il terreno e aiutarsi a vicenda per andare verso l’alto. Un caro saluto, Maria

    • …e quante cose accadono sotto, intorno e tra le fronde degli alberi! Uccelli migratori vi trovano riparo durante voli estenuanti per ritornare a Casa, e c’è spazio per tutti, ed è un clamore di canti e richiami sonori, ed ogni albero è di tutti e di nessuno, offre ospitalità a semi e ad ali che vengono da lontano e così conosce il mondo, pur rimanendo radicato nella Terra.

    • Certi simboli come il seme e l’albero sono potenti simboli di vita, di rinnovamento, di trasformazione. Ci si può anche chiedere “ma io che albero sono?” e coltivare questa domanda e questo simbolo nel proprio cuore, dandogli spazio giorno dopo giorno, lasciando che questa nuova immagine di noi si sviluppi, nelle sue forme, nei suoi colori, nei suoi significati. Sarebbe bello fare un disegno dei nostri alberi e mostrarceli quando ci ritroveremo per comporre e celebrare con gioia il nostro bosco.

    • nelle ultime sedute la mia attenzione si è rivolta al contatto con il suolo, i piedi per terra che mi spingono verso l’alto e al tempo stesso mi tengono ancorata, la testa che appoggia e una sensazione di caldo che mi avvolge…
      Tutto questo mi dà una sensazione di protezione, di percezione del punto dove sono ora rispetto allo spazio che si muove attorno. Mi piace l’idea dell’albero che ha evocato Maria e mi piace pensare che in questo momento io stia guardando le mie radici immerse nel terreno di un bosco

      • Cara Micaela, cari tutti, siamo tutti noi alberi che creiamo il bosco, ognuno osservando ed esplorando le proprie radici nel terreno comune, oppure il proprio tronco e la propria chioma che tendono a crescere verso la luce, anche questa condivisa con gli altri alberi. Un caro saluto, Maria

  • Quanti semi cadono e si spargono dall’albero del Centro Sattva; sto pensando ora all’albero appesa al Centro nella zona degli “spogliatoi”.
    Leggendo questa pagina si percepisce una dimensione individuale ma anche uno spazio collettivo, di gruppo, dove far sentire la propria voce e ascoltare le voci degli altri.
    Percepisco in tutte queste parole una dimensione di ricerca, una tendenza a mettersi in piedi attraverso se stessi e il proprio corpo, anche capovolto, un tentativo di trasformare questo momento di chiusura e ripiegamento in occasione di apertura e scoperta. Per riprendere le parole di Ileana: … un’adesione alla verticalità intesa come spinta verso l’alto a cui aspira il nostro essere …
    Buona ricerca e a presto,
    Lorenza

  • Ho passato un momento di difficoltà. Beh, nulla di straordinario, direte voi, visti i tempi che corrono. Comunque, per un paio di settimane non c’era verso di sedermi lì a fare una seduta di yoga. C’era sempre qualcos’altro da fare, mi sembrava che si potesse rimandare al giorno dopo. E poi, i risultati erano disperanti! Una rigidezza da tutte le parti, era chiaro che la vecchiaia ormai aveva avuto il sopravvento, in una discesa costante e senza ritorno. Siccome facevo anche fatica a parlarne, chi poteva aiutarmi? Ad un certo punto in uno scambio al telefono con una compagna di yoga, – Sì, tutto andava bene, niente senso di solitudine, un po’ di incertzza per il futuro, però… – insomma, vuotai il sacco. Più che raccontarlo a qualcuno che mi capiva, era stato come forzare me stesso a vedere la realtà. Dopo un paio di giorni, con uno sforzo che allora mi sembrava sovrumano mi sedetti lì e feci la mia seduta. E poi, il giorno dopo, e un’altra ancora… E poco a poco, cercando di tenere a bada i giudizi e di dimostrare un minimo di dolcezza verso me stesso, la pratica mi è ricresciuta addosso, più forte di prima, con momenti di vera gioia liberatoria. Sembra come che lo yoga abbia questa straordinaria capacità di rigenerare se stesso e di trascinarci con lui. Sì, deve avere qualche magica proprietà, se lo si pratica da tempo immemorabile! Mi sento piccolo, e riconoscente.

    • Sì lo Yoga è proprio una magia, praticato con Fede, che altro non è che il risultato delle nostre verifiche.

    • Essere sinceri con se stessi richiede un atto di coraggio. Il coraggio di chiedersi: cosa cerco veramente, di che cosa ho bisogno, di che cosa mi sto privando? Sono le domande che inconsciamente ci hanno portati a salire le scale del Centro per iscriversi ad un corso, che ci fanno proseguire quadrimestre dopo quadrimestre, che ci riavvicinano allo yoga anche dopo periodi di sospensione … Domande che con il tempo affiorano alla consapevolezza e che in momenti difficili come questi diventano una bussola per potersi orientare tra una “realtà” illusoria nella quale eravamo immersi constantemente e con la quale tendevamo ad identificarci e che ci offriva false certezze ed una Realtà che non ci offre apparentemente nessuna certezza, che è un percorso ad ostacoli costellato di bellissime scoperte, che ci costringe a trovare continuamente soluzioni nuove mettendo in campo tutta la nostra creatività e che però con gradualità ci svela chi siamo veramente.
      E’ un percorso che come sanno gli esploratori – della terra, dei mari, delle vette – non si può fare da soli; si fa in cordata, aiutandosi reciprocamente. Saper dare e saper ricevere crea armonia e ci permette di crescere insieme.

    • Hai risvegliato in te stesso le tue magiche proprietà, e con lo yoga le coltivi perché siano sempre più fiorenti! Grazie per la tua esperienza, che prima o poi è di tutti, e che è di grande insegnamento!

  • Accetto volentieri di rispondere all’invito di Eliana che ci chiede: come sta andando?
    Con le posizioni va piuttosto bene. La pratica quotidiana favorisce piccole scoperte, ad esempio dove concentrare il respiro nella ruota per evitare di avere crampi sul davanti della cassa toracica oppure, nella torsione, un leggero spostamento in avanti che ti agevola nel mantenere il peso equilibrato sui due ischi.
    Nella capovolta completa,la parte dinamica delle gambe e della torsione aiuta molto ad acquisire maggior verticalità. Inoltre mi rendo conto che in questa posizione la mia mente si svuota. Sara’ perché non mi costa fatica?
    Un abbraccio a tutte.

    • Cara Ivana, bella questa esperienza che la mente ‘si svuota’ nella capovolta… forse dobbiamo proprio capovolgere tutto per svuotare la mente, liberare le emozioni e equilibrare il corpo per creare uno spazio per noi stessi ed andare oltre? Un abbraccio capovolta, Maria

      • Capovolgere se stessi, portare la testa al posto dei piedi, i piedi nel luogo della testa, trovando un equilibrio, non statico, adattabile, che fa leva e affidamento sui giusti punti di appoggio. Capovolgimento che invita e sostiene la verticalità, intesa anche come spinta verso l’alto a cui aspira il nostro essere per far emergere ciò che cerchiamo.

    • Cara Ivana, e quando la tua mente si svuota cosa trovi?
      Prova a stare su quella sensazione, richiamala. E’ una porta che aspetta di essere attraversata.

    • Mi soffermo sulla domanda “Sarà perchè non mi costa fatica?”, associata alla capovolta completa, e sorrido (un tempo avrei pensato: “Beata te, Ivana!”)
      Oggi, invece, sorrido pensando a quanti inutili tensioni e paure ho messo in campo io per eseguire la capovolta completa. Sorrido colma di gratitudine per lo Yoga e con quel po’ di dolcezza verso me stessa di cui parla anche Alvise.
      Attraverso le Asana ognuno di noi può confrontarsi con i propri limiti o con i propri punti di forza ed elasticità, scoprendo che tutti questi, oltre ad essere fisici, sono in prima battuta mentali e possono cambiare nel tempo e nello spazio.
      In questi giorni di pratica più frequente e costante, sono riuscita non solo ad eseguire la capovolta completa, ma a stare pienamente nella fase statica e poi ad eseguire tutto il ciclo completo: un respiro in più, una tensione in meno.
      Senza l’aspettativa di raggiungere un risultato determinato, ma godendomi il percorso di allentamento della tensione e di superamento della paura, assaporando il piacere di stare coi piedi all’insù.

  • Mai come in questo momento sto sentendo l’esigenza di nutrimento per la mia natura più profonda attraverso la bellezza in qualsiasi forma essa si manifesti: avverto la musica come veicolo sottile che arriva dove le parole si arrestano, sperimento lo yoga come fonte inestinguibile di interiorità; accostandomi senza chiedere nulla ricevo ciò di cui ho bisogno.

  • La cura.
    Mai come adesso il tema della cura è attuale, per chi vive ed opera nel mondo occupandosi di altre persone più fragili ed ammalate, ma anche per noi che tanti anni fa abbiamo intrapreso il sentiero dello yoga ed addentrandoci in esso abbiamo capito quanto il pensiero, il gesto e la parola abbiano il potere di aiutare altre persone a scoprire la profondità e la bellezza che è in loro attraverso un percorso di consapevolezza. Il nostro Centro è da 35 anni dedicato solo allo yoga ed alla meditazione zen. Le scelte fatte – i piccoli gruppi, gli orari, la frequenza, l’impostazione delle sedute, la gradualità del metodo, l’attenzione alla singola persona ed alle sue specificità ed unicità e tante altre – sono il frutto di un impegno costante. Ognuno di noi ha fornito e fornisce la sua nota personale: la guida, la coerenza e l’impegno costante ed inesauribile di Andrea, la presenza luminosa di Ileana, la sua positività ed eleganza, il sorriso ed il calore di Maria, la cura per il Centro di chi settimanalmente lo tiene pulito ed adesso anche di chi ha creato questo luogo di incontro – il sito – e lo sta sviluppando per consentirci di utilizzarlo al meglio, il contributo dei soci più anziani in vari momenti ….
    E tutto questo perché?
    Perché non possiamo vivere solo nella dimensione materiale delle cose, per coltivare un luogo in cui le persone possano scoprire quello che nessuno ci ha insegnato: che questa dimensione che chiamiamo vita e nella quale ci identifichiamo è una matrioska. Noi siamo il seme (la bambolina più piccola), anzi siamo l’embrione dentro il seme, che può germogliare liberandosi dagli involucri via via sempre più stretti mano a mano che progrediamo sul sentiero della conoscenza. Ci vogliono le giuste condizioni per aprire ogni involucro: condizioni esterne (calore, umidità, mantenuti con costanza per un certo tempo) e condizioni interne (un progetto ed una volontà). Progetto e volontà sono ingredienti che deve mettere il seme, ovvero ognuno di noi e nei tempi giusti.
    Sarebbe bello provarle a mettere qui queste condizioni interne, in questo luogo che non è solo virtuale ma un’espressione di uno spazio interiore che si può aprire se lo vogliamo.
    Ognuno di noi può scrivere qualcosa di prezioso per sé, perché comincia – o continua – ad esplorare parti poco conosciute e così facendo apre nuovi spazi verso la libertà, e per gli altri – perché svelando parti di sé dona agli altri la bellezza di se stesso. Ed anche questa è cura.
    Namasté

    • cara Francesca, grazie per questo bel messaggio e – visto che hai speso parole belle per tutti, che condivido pienamente – grazie per la tua presenza solida e amica al centro.
      Non ho mai scritto, ma oggi mi sento di partecipare. In questo periodo pesante e pieno di sovraffollamento di pensieri sto riscoprendo la cura di me stessa, dal corpo alle emozioni. Nella mia quotidianità degli scorsi mesi, relegavo questo momento agli incontri settimanali insieme, ma adesso mi sto accorgendo sempre di più del bisogno di prendere contatto e cercare un equilibrio con i miei bisogni, che sono impulsivi durante la giornata e che spesso vengono messi a tacere dai doveri più immediati. La mia condizione interna è proprio quella di volere allentare la velocità dei pensieri e imparare a sospendere il giudizio su me stessa, conoscendomi in maniera profonda e meno cerebrale, imparando a sentirmi e a sentire con nuovi tempi e più sensi. Dandomi così la possibilità di crescere, lentamente.
      Un saluto affettuoso a tutti e grazie per questo spazio di condivisione.

      • Cara Matilde, è un bellissimo progetto (tornando all’immagine del seme) quello che ci hai donato con il tuo messaggio: fare spazio nella vita per ascoltarsi, sentire i propri bisogni, sospendere il giudizio, crescere. Cercando di mettere le cose secondo una giusta scala di priorità, questo è un momento propizio per crescere. E la condivisione, come abbiamo sperimentato tante volte durante le sedute di yoga, va in questa direzione. Condividendo apriamo una porta prima di tutto verso noi stessi, facciamo emergere parti poco note, esploriamo mondi che sembrano così lontani ma che ci appartengono. E’ proprio lo scambio che ci permette di farlo. Paradossalmente in un momento storico in cui ci viene imposto un distanziamento, in cui veniamo privati della gioia di un tocco, uno sguardo, un abbraccio, possiamo entrare in più intima relazione con noi e con gli altri. Qui lo stiamo facendo.

  • Zazen – Meditazione da seduti.

    Qualche tempo prima dell’appuntamento serale per la meditazione del martedì e del venerdì con i miei amici di pratica, a casa, accendo una piccola candela e un incenso che mi introducono allo stare lì, seduta a gambe incrociate, ferma, con gli occhi chiusi nella posizione classica dello Za-zen e dello Yoga.
    Contatto il corpo, con qualche piccolo movimento lo adatto ad una posizione stabile, senza tensioni, sul cuscino alleato di chi medita; questa sera il respiro è lieve, un rilassamento generale mi avvolge, uno stato di quiete si manifesta …… ancora qualche respiro ed inizia il periodo di 20′, limitato nel tempo, ma senza confini.

    • Sì Ileana, davvero cadono i confini. Meditare “insieme” come abbiamo voluto fare a fine giornata, a distanza ma nello stesso momento, ci porta in una dimensione più grande, nella quale spazio e tempo sono un po’ diversi dal solito. In fondo cosa stiamo facendo se non stare seduti a gambe incrociate? Eppure sentiamo la presenza degli altri, ma soprattutto ci concediamo quel po’ di tempo per sentire la presenza di noi stessi. Quella parte che di solito ci sfugge, troppo indaffarata e “presa” dalle cose del mondo.

  • Aprire la ‘porta della yoga’ era per me un privilegio già in tempi “normali”; ora che la quotidianità dell’isolamento e la chiusura in casa sono entrate con prepotenza nelle nostre vite mi ritrovo a fare ancora più fatica nel cercare di ritagliare del tempo solo per me e per la pratica. Il che la dice lunga sui tentacoli della routine che avvinghiano l’esistenza e su quanto sia lungo il cammino di chi si vuole conoscere meglio…lo yoga è stato in passato fonte di grande benessere e di aiuto nei momenti più diversi della mia vita, e quando riesco a fare pratica in questi tempi bui continua a ‘svegliarmi’ e a permettermi di approfondire i miei limiti. Ma sento che mi manca la dimensione del gruppo, la presenza degli altri che insieme a me fanno lo stesso cammino e condividono la bellezza di avere conosciuto il Centro e lo Yoga…vi auguro giornate il più serene possibili, e a presto chissà.

    • Mi piace questo movimento, questa azione: aprire la porta.
      In questi giorni apro le porte di casa mia e mi piace dirmi: vediamo cosa c’è ora, in questo momento. C’è una parte “vecchia” che dice: so cosa c’è, non mi aspetta nulla di nuovo e c’è una parte “giovane” che dice: guardo come se vedessi per la prima volta, ed è così di fatto; non so come gioca la luce in questo momento, non so che profumi ci sono, apro la finestra e non so che rumori entrano, … apro la porta da nuova e mi aspetto qualcosa che non so.
      Anche quando riapriremo la porta del Centro, forse, chissà, non sarà la stessa porta, non sarà lo stesso Centro, non sarà la stessa persona che abbasserà quella maniglia e non saranno le stesse persone che si ritroveranno. Può essere così e sarebbe qualcosa di nuovo, che possiamo costruire in questa situazione, in questo momento, in ogni momento, ora …

      • “Aprire la porta” mi richiama lo spirito con cui praticare: cercare di andare al di là oltre quello che solitamente si conosce. Scoprire di avere quella porta sento che è scoprire il mio tesoro interiore.

      • Apro una porta, mi siedo sul tappeto;
        apro una porta, faccio pranayama;
        apro una porta, faccio la seduta;
        apro una porta, rilassamento;
        apro una porta …

      • Anche a me piace molto questo aprire la porta: significa darsi una possibilità che non si potrebbe cogliere lasciando chiusa quella porta, significa prendere il coraggio di cercare quel qualcosa di nuovo che ogni giorno, ogni momento ci regala, significa concedersi quel privilegio di cui parla Barbara.

      • Aprire e chiudere le porte come respirare: apro per far entrare la vita, esco per andare incontro alla vita. Grazie per questi spunti vivi sul senso del passaggio, che in fondo possiamo far vivere ogni attimo, in ogni gesto, in ogni respiro.

    • Per tutti ci sono momenti in cui è più difficile praticare, nel senso di fare un seduta. Ricordo i miei. Però è proprio in quei momenti che sentiamo vivo il desiderio di farlo che si rafforza la nostra volontà e la nostra appartenenza ad un gruppo ad una scuola e attraverso di essa a parti più profonde di noi.
      Sappiamo che prima o poi ci rincontreremo, anche questo ci da forza e fiducia. Sarà, come diceva anche Lorenza, una “prima volta”. Assaporeremo ogni momento, vedremo con occhi diversi, sentiremo il profumo di ogni persona, assaporeremo la bellezza di un luogo, che altro non è che un riflesso della nostra bellezza.
      Tutto questo lo stiamo preparando, attraverso la consapevolezza del nostro essere momento per momento.
      A presto!

    • Cara Barbara, cari tutti, anche a me piace come hai descritto ‘fare yoga’ come l’atto di ‘aprire la porta dello yoga’. Infondo è aprendo una porta (o anche una piccola finestra) che possiamo guardare FUORI, ma anche guardare DENTRO. Ed aprendo le porte nostre possiamo anche, in qualche maniera, collegarci fra di noi nonostante non siamo nello stesso spazio fisico… in tanti siamo in cammino, con noi stessi e con gli altri. Un abbraccio, aperto, Maria

  • Il presente è sfuggente, non puoi rincorrerlo, chiamarlo, afferrarlo; le parole come simboli additano a una realtà silenziosa.

    • Puoi solo essere lì

    • Essere presente, due parole che alludono allo stesso significato : essenza e presenza . Perciò esisto solo ora , in questo momento.

    • Il presente è un dono che non cessa mai di esistere. Quanta ricchezza e quanta generosità!

    • Il presente posso semplicemente viverlo… quest’attimo non ci sarà mai più, quindi o lo vivo o lo perdo. Un caro saluto, Maria

  • “Chi sei senza quel pensiero”?
    L’ho scritta forse due anni fa e da allora quella domanda mi accompagna. Certe volte non la sento, altre volte mi esorta a cercare una risposta e quando la domanda me la pongo veramente non odo parole, si apre uno spazio di quiete profonda, ritorno a me stessa. Oggi la dono a chi vorrà accoglierla.

    • Mi domando: “Chi fa quel pensiero?”, è nell’istante che mi pongo la domanda mi si apre una finestra su una dimensione così luminosa che la luce del giorno, al confronto, sembra la notte più profonda. Grazie Francesca.
      Andrea T.

    • E’ una domanda difficile da farsi fino in fondo, già togliere quel pensiero, e lasciare che lo spazio rimanga libero, non è per nulla cosa scontata. Credo che la risposta non si possa dare a parole… si diventa la risposta.

    • Cara Francesca, grazie di questa domanda… una domanda semplice ma difficile. Sento la sua importanza, la accolgo e lascierò che mi accompagna. Un caro saluto, Maria

    • Custodire una domanda è ricercare uno stato, uno stato d’Essere
      Proteggere una domanda richiede una presenza da svegli
      Donare una domanda forse significa avere iniziato a camminare, in silenzio
      C’è bellezza nel dono di qualcosa di vero, di prezioso

  • Ieri mi sono liberato di vecchio divano, ora la stanza è più libera lo spazio per praticare non è più compresso. Forse ci voleva questo stop per fare spazio.
    Come nelle sedute la pratica mi esorta a fermarmi per fare spazio.

    • Spazio nella stanza, spazio nella mente. Anche noi a casa stiamo cercando di fare spazio. E contemporaneamente tutti insieme stiamo esplorando l’immenso spazio che è in noi.

    • Condivido con Andrea, spazio anche nella mente ma mi spingerei oltre e aggiungerei spazio dalla mente. Ieri nella seduta, alla ricerca di uno stato di flusso, ho fatto solo serie dinamiche, serie Sattva nello specifico. Ho osservato che esiste una velocità in cui la serie Sattva mi da molto di più ed è una velocità capace di eludere il pensiero.
      Nella sua estrema lentezza a quella velocità il pensiero non riesce a stare dietro ai movimenti e il corpo si libera del giogo e trova il suo ritmo, la sua intelligenza. I movimenti si susseguono in un flusso, senza intoppi, senza giudizi, senza volontà di fare bene. A questa velocità si fa spazio dal nostro piccolo io e si può raggiungere ed esplorare uno stato diverso.

      • Aggiungere spazio lo si fa togliendo il superfluo come nelle sedute, sono lì solo con l’essenziale: me stesso.

  • In questo periodo mi rendo conto che sono in un’altalena di emozioni che si riflettono anche nelle mie sedute, a volte tanto da quasi impedirmi di fare la seduta. All’invito di questa settimana di fare spazio ci sono riuscita solo oggi, trovandomi alla fine della seduta ad osservare un lago e lì ho capito che con la seduta un po’ di spazio dentro di me si era creato. Mi rendo conto che dovrei fare più sedute con più disciplina proprio per domare/accogliere questo senso di impotenza.

    • Forse è quando non sappiamo più che fare che cominciamo il nostro vero lavoro, ed è quando non sappiamo più dove andare che iniziamo il nostro vero viaggio.” (Wendel Berry)
      Le emozioni forti che proviamo in questi giorni, il senso di spaesamento e di incertezza, di impotenza (come dici tu Jonida) sono i motori di una ricerca più profonda, la ricerca di un nucleo immutabile attorno al quale girano frenetici i pensieri. I pensieri continueranno a girare e noi li potremo vedere.
      Ci sono luoghi in cui tutt’ora le persione anziane si siedono fuori dall’uscio di casa, per ore, e osservano. Sono lì e osservano il mondo che li circonda, ma non sono quel mondo. Taluni si divertono nella loro saggezza. Allora sediamo, nelle sedute e nel quotidiano ed osserviamo. E godiamoci lo spettacolo!

    • Trasformare l’impotenza in io posso …, io voglio ….. ora.

  • Tanta assenza, necessariamente, in questo momento di stasi.. Assenza di amici, parenti, di appuntamenti e scadenze. Ma, di conseguenza, anche tanta, talvolta troppa, presenza. Di noi davanti a noi stessi, alla nostra intimità. A volte, nella solitudine, almeno per me, la mancanza di stimoli esterni si tramuta in un confronto con le aspettative, le paure per il futuro.. Ma allora le sedute sono essenziali, per andare oltre, lasciare andare, e ritrovarsi, più saldi, nel presente.
    Chiara

    • Cara Chiara, cari tutti, sento anche io che il confronto con me stessa può essere più evidente… possiamo accogliere questo ‘#stareacasa’ non solo come stare a casa nostra nel senso fisico/logistico, ma anche come stare a casa nel senso veramente intimo con noi stessi. E sento che le sedute mi aiutano in questo, per stare con me stessa nel presente, sentendo di essere nel momento ‘giusto’, nel luogo ‘giusto’ e nel modo ‘giusto’. Un abbraccio, Maria

      • …in un certo senso è anche un “tornare a casa”, alla nostra dimora interiore, al nostro Sè, a quel luogo dove le cose che accadono sono di altra tipo, di altra qualità, rispetto agli accadimenti che ci agitano nella vita ordinaria.

  • Quello che sto sperimentando in queste settimane è un maggior senso di responsabilità che Andrea ed Ileana ci hanno invitato ad avere.
    E questo, nonostante la pratica sia diversa e non direttamente guidata, mi ha portato ad entrare più in contatto con me stessa, con quello che sto facendo Ora, a sperimentare le posizioni con una prospettiva diversa.
    Oggi mentre praticavo mi sono resa conto di aver cambiato atteggiamento verso alcune posizioni più “ostiche” (per me), non le guardo più con sfida o timore quanto piuttosto le accolgo, le guardo con curiosità, le percepisco più comode, più mie

  • Non tutti i giorni riesco a dedicarmi il tempo della seduta che viene suggerita.
    Ogni mattina, però, dopo le respirazioni, torno ad una posizione che solitamente chiude una seduta yoga: a gambe incrociate e mani giunte, nel silenzio, chino lievemente il capo.
    Questo ritorno costante alla pratica, anche attraverso un piccolo gesto di ri-conoscenza allo yoga e alle essenze che lo praticano, dà un indirizzo a corpo e mente, su un percorso che è, allo stesso tempo, personale e condiviso.

    • Anche per me quel gesto di ringraziamento e ri-conoscimento fatto alla fine della pratica è fondamentale: potrebbe bastare quello, fatto in piena presenza, a confermare la verità di tutto. Ed è in quel gesto che spesso vedo in un attimo, la visione di un bagliore, tutto il gruppo che sta praticando.

  • Il lavoro quasi quotidiano sulle posizioni, su una stessa sequenza ripetuta per una settimana, mi sta permettendo di vedere lo sviluppo delle posizioni, almeno di alcune. Nei giorni le posizioni si trasformano, si approfondiscono; una sorta di dialogo iniziato e poi ripreso e arricchito, con il proprio corpo, con i propri limiti fisici. Semplicemente stare lì, riuscire a guardare questo sviluppo, lasciare all’intelligenza del corpo l’esplorazione della posizione, la sperimentazione di piccoli ma sostanziali movimenti che trasformano la posizione, l’equilibrio, l’allungamento. Senza aspettative, come dice Ileana, ma concedendosi di andare più a fondo, di spostare di un millimetro l’asticella del limite, spesso più mentale che fisico.

    • Mi riconosco in questo processo, nel quale mi sembrano elementi fondamentali la costanza, l’attenzione e l’osservazione, ma anche la non aspettativa. Forse non ci siamo ancora veramente affacciati sulla soglia del Reale…

  • Ora, inevitabilmente più di prima, le sedute di yoga si fanno a casa. Il luogo adatto c’è o ce lo creiamo, le sequenze ci sono, le conosciamo o ci vengono date indicazioni, il tempo c’è per tutti o quasi tutti. Tutto sembra favorire il fare la pratica, ma la domanda è: ci sono con tutto il mio essere? E se si, quanto dura tale presenza? Come pormi, di fronte alla pratica, perché questa non sia una semplice ripetizione meccanica, ma una porta di accesso a ciò che va oltre la pratica stessa?
    Porsi in modo neutrale, senza aspettative, per il gusto di farlo, può svelare inaspettatamente un qualcosa di diverso che proviene da sé, un nuovo stato, che trasforma l’atteggiamento nell’approccio alla pratica, nel proprio modo di essere e nutre nello stesso tempo lo spirito della ricerca della propria essenza.

    • … una porta di accesso a ciò che va oltre …
      Queste parole mi hanno rievocato le sensazioni che ho avuto ieri dopo la seduta nel tardo pomeriggio; ho voglia di condividerle con voi:
      che lo yoga e i respiri sono un esercizio, un mezzo per educare questo corpo a sostenere lo sviluppo e la conoscenza dell’essenza
      che “insegnando” a questo corpo egli a sua volta ci insegna e ci permette di contattare qualcosa che sta oltre
      che questo corpo è nostro ora, ma non sarà nostro per sempre e questo è bellezza e libertà

  • In questo momento in cui, da dentro le nostre case, in attesa, guardiamo fuori, ora con paura, ora con speranza.
    In questo momento in cui, divisi nelle nostre case, guardiamo all’altro e, a volte, lo teniamo a debita distanza, a volte ne cerchiamo con qualsiasi mezzo il contatto.
    In questo momento, di continuo oscillare tra dentro e fuori, vicino e lontano, stanchezza ed energica speranza, io come posso vivere consapevolmente in equilibrio?
    Nella frenesia, mi fermo, torno al mio spazio e al mio tempo: la seduta di yoga.
    Al mutare delle posizioni, mutano i punti di appoggio, i muscoli rilassati e quelli attivi, ad ogni nuova posizione cerco un nuovo baricentro.
    Per farlo, sto ad occhi chiusi, lo sguardo volge all’interno, l’ascolto è dedicato al mio respiro e la mia attenzione è indirizzata al movimento e lo guida.
    Ecco, in quell’istante, trovo l’equilibrio.

    • Ed è un equilibrio sempre dinamico. Siamo un po’ funamboli che camminiamo su un filo teso. Il filo, la fune, è robusta e ci sostiene. L’abilità sta nel nel mantenere vivo il desiderio di proseguire, un piede avanti all’altro, lo sguardo rivolto in avanti. Con audacia. Il cammino è nostro, la fune è nostra, ma talvolta, quando c’è bisogno, una mano ci viene porta e ci sostiene in un passaggio un po’ difficile. Così facciamo anche noi con le nostre parole incise in questo spazio comune: ci porgiamo la mano. Apriamo le nostre mani, apriamole tutti, affinché questo gesto diventi un gesto di fratellanza che ci aiuta e sostiene verso un comune obbiettivo. Affinché questo spazio diventi un cerchio; come quel bellissimo mandala di fiori e persone che abbiamo creato, insieme, al Castello.

    • è molto bella questa immagine che viene proposta: ” guardo dentro ad occhi chiusi”; mi risulta molto evocativa.
      Pensavo a come sovente nella pratica mi trovo davanti a delle situazioni che sono dei piccoli paradossi: il piccolo che muove il grande, la posizione che viene risolta, trasformata da un adattamento minimo. Nello yoga si parla di assenza di sforzo nella pratica delle asana.
      In questa esperienza mi sembra di cogliere questa capacità di trasformare le situazioni; sorrido quando i pensieri dentro la mente quasi si inchinano di fronte ad un attimo di silenzio.

  • ATTENZIONE!

    In questi giorni così eccezionali mi sono spesso trovato a pensare: “Ma cosa posso fare io in una situazione come questa?”. Divisi come siamo fra i pochi che, con riti forsennati, sono in prima linea nel loro lavoro e la maggioranza di noi, separati e costretti in spazi ridotti, come agire per colmare il buco del mancato contatto con l’altro, improvvisamente riconoscibile come bene così prezioso?

    Mi sono scoperto a vivere sempre più spesso la pratica dello yoga come momento di raccolta delle mie energie, quasi un’ultima spiaggia sulla quale posso intuire certezze interne, nel momento in cui sono scomparse molte di quelle che il mondo ci aveva fin qui offerto vorrei dire gratis. Pensiamo al momento in cui nella posa della stabilità chiudiamo gli occhi e rivolgiamo l’attenzione verso il nostro interno. E’ come se le palpebre ci offrissero uno schermo nero agli accadimenti e ai condizionamenti esterni, e un’occasione preziosa di “specchiare” in qualche modo la nostra interiorità. La posizione fisica, eretta e a schiena diritta, la respirazione lenta e regolare, i piedi ben piantati per terra riflettono una simile “posizione” della nostra coscienza, calma e disidentificata dai singoli problemi che dall’esterno vorrebbero attaccarci e fiaccarci. Se facciamo una grande, grande attenzione a questa piccola scintilla interiore, sentiamo che corpo e spirito diventano tutt’uno, per avverare il senso vero dello yoga, l’unione.

    In verità questo stato interiore può essere richiamato in altre posizioni: molti lo trovano nel rilassamento, io lo sento stando seduto a gambe incrociate, qualche volta nella fase statica delle posizioni, o molto spesso quando sollevo lentamente la testa al rientro da posizioni quali la pinza in piedi. O, con un po’ di pazienza e allenamento, anche in momenti della vita quotidiana. I pensieri sono tacitati, rimane solo uno stato d’essere silenzioso, composto e “unificato”.

    Significa questo che diventiamo insensibili agli eventi esterni, chiusi in un mondo di sogno tutto nostro, restii a vedere la realtà cruda e implacabile che, inutile negarlo, ci circonda? Tutto al contrario! Nei momenti migliori, riesco a essere ancora più conscio della sofferenza interna ed esterna, ma anche più capace di farvi fronte, lasciarla entrare e notare che in fondo essa non può distruggermi se io non la lascio fare. Vorrei dire che il fatto di aver alimentato la forza interiore mi aiuta a vedere il mondo più compiutamente e realisticamente. Questo è un bel punto di partenza per agire nel mondo. Come ci dice Martin Buber: “Bisogna dimenticare se stessi e pensare al mondo”.

  • RALLENTARE
    Qualche giorno fa mi chiedevo: quando mai capiterà un’altro momento così? Per chi, come me, ha la fortuna (ed è una fortuna) di trovarsi a casa con la propria famiglia, in salute, con più tempo libero a disposizione. A disposizione per leggere, per svolgere qualche lavoro in giardino, per fare una pratica di yoga costante e quotidiana, oltre al lavoro ed alle normali attività che svolgevamo prima, svolgiamo adesso e continueremo a svolgere. E’ un tempo prezioso nel quale possiamo permetterci di non essere in affanno, di agire con più calma, di rallentare. Rallentare sta diventando una parola importante nella mia quotidianità e nella pratica dello yoga. Rallentare il respiro, rallentare il movimento. Un movimento lento lo possiamo percepire in tutta la sua estensione e ci permette sorprendentemente di essere più precisi e poter allungare un muscolo ben oltre quel limite apparente che i nostri schemi corporei in condizioni “normali” ci impongono. Rallentare ci permette di entrare nel silenzio, nell’ “ora”, in intima connessione con il nostro corpo, di rilassarci e abbandonarci ad una dimensione più ampia, più vera, che trascende il corpo. Rallentando possiamo osservare e diventare consapevoli ogni volta un po’ di più di ciò che non siamo per avvicinarci un po’ di più a ciò che veramente siamo.
    Un treno ad alta velocità ci permette di raggiungere una destinazione in poco tempo (ha un’utilità nella vita “normale”), ma un avvicinamento lento a piedi ci consente di apprezzare il mutare graduale del paesaggio, dei profumi, della temperatura, di maturare il senso di un luogo diverso. Percepisco lo yoga come un cammino di consapevolezza, alla scoperta di un senso (della vita); ogni passo è una conquista ma anche uno stimolo ad avvicinarsi alla meta.

    • Cara Francesca, cari tutti, perscepisco e sperimento anche io questo rallentare… il rallento del respiro e del movimento nelle sedute, ma anche nelle altre cose quotidiane. Questo mi aiuta ad essere presente nel momento stesso, cioè in quell’attimo che è ‘ora’ , che in fondo è l’unica cosa che ho in quel momento, ma anche in tutti gli altri momenti che compongono la mia vita. Noto anche un rallentamento nel pensiero, che così può scoprire altre vie di arrivare alla ‘destinazione’ – la via ‘giusta’ non è sempre quella veloce o più dritta con il treno di alta velocità (ma invece forse solo quella più meccanica e meno consciente). Un abbraccio, Maria

  • “DOPO”

    Tra le riflessioni di questi giorni, molte portano inevitabilmente a pensare al “dopo”.
    Dal nostro punto di vista – di coloro che sono sul cammino dello Yoga – confrontarsi con il “dopo” può essere utile, però a determinate condizioni.

    A condizione, per esempio, che sia innanzitutto un confronto che ci riporta al presente che stiamo vivendo, in quanto lo Yoga ci insegna che il presente è l’unica cosa che possiamo davvero vivere, l’unica Realtà davvero “reale”.
    Quindi, pensando al “dopo”, credo sia innanzitutto importante mettere da parte l’atteggiamento che ci porta a domandarci o a pronosticare quando finirà questa situazione, o tantomeno a sperare che finisca il più presto possibile. Finirà quando dovrà finire, secondo dinamiche e processi che non sono comunque in nostro controllo. Quello che è in nostro controllo, ancora una volta, è come viviamo nel presente, attimo dopo attimo, perché questi che stiamo vivendo – se siamo presenti a noi stessi – possono essere “attimi reali”.

    Può dunque essere utile pensare al “dopo” osservando come stiamo vivendo ora, e semmai domandandoci come e se stiamo cambiando rispetto al “prima”. Questa “reclusione” in casa, ad esempio, ci ha favorito il ritorno alla pratica costante, quotidiana, dello Yoga? E se sì, che cosa sta comportando – quali modificazioni in noi, di quale natura – il praticare lo Yoga ogni giorno?

    Al mattino comincio la giornata con il Pranayama, al pomeriggio tardi è il momento della seduta, ogni giorno, dal lunedì alla domenica, da ormai tre settimane. Sono diventati due “momenti chiave” della giornata, due “cerniere” attorno alle quali si snodano molti altri momenti nei quali cerco di richiamare la stessa qualità di presenza. La pratica del mattino indirizza la giornata, quella del tardo pomeriggio riprende e conferma la direzione, rafforzandola nel momento del crepuscolo e poi della sera, quando le luci calano, e certe preoccupazioni e inutili pensieri paralizzanti potrebbero trovare terreno idoneo per attaccarsi alla mente. Alla sera, invece, una lettura adeguata – un testo di yoga, una storia che parla di Ricercatori – può favorire il mantenimento di una serena e distaccata visione delle cose, ed anche l’empatia, la considerazione nei confronti delle persone che a casa non ci possono stare e stanno lavorando in prima linea..

    Mi domando che cosa mi impedirebbe di proseguire su questo cammino, in questo modo e con questa passo costante di pratica, anche “dopo”, appunto. Questa è la verifica per me più importante: se il presente di questi giorni mi sta davvero cambiando, se mi sta aiutando a vedere un po’ di più l’essenza delle cose, allora il “dopo” dovrà essere diverso dal “prima”. “Dopo” le cose non potranno tornare come “prima”, se così fosse allora questo tempo sarà stato inutile, o poco utile: non ne avrò colto il cuore, la grande opportunità che porta in sé.

    Oggi – come sempre – è il momento di cambiare, di vivere il presente, di non aspettare un “dopo” che non esiste per cercare magari di tornare a vivere come “prima”.

    • Leggendo il tuo scritto mi rendo conto che non sto attendendo un “dopo”, non ho fretta che arrivi la fine di questo periodo. Questo credo sia legato al vivere intensamente il presente: se siamo veramente quì non c’è un dopo da attendere. Usando le parole di Burton, è necessario convincerci che il momento successivo non è meglio di quello presente. Ora lo comprendo, ora lo sto vivendo e forse questo è il vero grande insegnamento che ho tratto da questo momento di fermo totale o quasi della vita di “prima”.

  • Pur nella grande concitazione e severità del periodo, c’è un momento, uno spazio dove è possibile rigenerarsi. E’ il momento della seduta, singola, forzatamente, ma sentitamente fatta in gruppo. Con i compagni di viaggio. Così non siamo soli.

  • Il valore della pratica yoga si sente. Le asana fatte bene, con concentrazione, creano un totale equilibro. Un abbraccio Rosa

  • La seduta di oggi mi ha fatto sentire il sottile gioco di equilibri che si cela dietro ogni posizione: basta un leggero spostamento e la posizione prende una forma diversa, più piena più completa. Attraverso il corretto radicamento dei piedi, con il peso uniformemente distribuito su entrambi, si percepisce come una posizione complessa come il triangolo possa diventare stabile e comoda; utilizzando il peso della testa all’indietro il cobra diventa più leggero sulle braccia.

  • Cari tutti, teniamo accesa la nostra fiamma – dentro e fuori – per darci una direzione… respiro dopo respiro, attimo dopo attimo, e giorno dopo giorno. A tutte le nostre fiamme, Maria

  • Mai come in questo periodo è importante trovare la direzione, sapersi dare una rotta in mezzo al cambiamento e all’incertezza. Le sedute mi aiutano in questo, mi danno un ritmo, mi danno un momento di silenzio che si allarga nel silenzio del mondo esterno, un silenzio che è pieno e risuona. Accendo un lume e lo pongo alla finestra per collegarmi a quanti di voi, come me, stanno praticando, a quanti di voi, come me, stanno cercando di tenere accesa quella fiamma. Un abbraccio

  • In questi giorni mi sono scoperto a vivere sempre più spesso la pratica dello yoga come momento di raccolta delle mie energie, quasi un’ultima spiaggia sulla quale posso intuire certezze interne, nel momento in cui sono scomparse molte di quelle che davamo per scontate. Pensiamo al momento in cui nella posa della stabilità chiudiamo gli occhi e rivolgiamo l’attenzione verso il nostro interno: è come se le palpebre ci opponessero uno schermo nero agli accadimenti e ai condizionamenti esterni, e un’occasione preziosa di “specchiare” in qualche modo la nostra interiorità. La posizione fisica, eretta e a schiena diritta, la respirazione lenta e regolare, i piedi ben piantati per terra riflettono una simile “posizione” della nostra coscienza, calma e disidentificata dai singoli problemi che dall’esterno vorrebbero attaccarci e fiaccarci. Se facciamo una grande, grande attenzione a questa piccola scintilla interiore, sentiamo che corpo e spirito diventano tutt’uno, per avverare il senso vero dello yoga, l’unione.

  • SILENZIO e INCONTRO
    E’ un periodo strano, diverso, nuovo. Per molti, me compresa, lo spazio si è ristretto ma il rumore di fondo del mondo è aumentato. Non è facile resistere ed esistere in questo rumore. Senza silenzio si diventa estranei a se stessi, non abitiamo noi stessi e se non “siamo a casa nostra” non possiamo neppure incontrare gli altri; l’altro bussa e noi non siamo in casa e non possiamo aprire la porta.
    Lo yoga, la pratica, la presenza, la consapevolezza, il Centro (fisico e non fisico) sono uno spazio / tempo dove riscoprire quel silenzio da cui attingono forza e vita il movimento, le azioni, la parole; da gesti e suoni meccanici e superficiali a gesti e suoni consapevoli, profondi e reali. In un percorso di rigenerazione ed evoluzione.
    Ora abbiamo anche questo spazio, buon Lavoro a tutti.

  • In questi giorni ho trovato un forte legame e ho riconosciuto il “malessere” di dover stare fermi uguale a quando pratichiamo la tenuta lunga delle asane. Durante questa pratica in tanti frangenti mi è successo di voler muovermi, di riconoscere dei dolori mai apparsi prima e poi c’è la rassegnazione e poi la consapevolezza che in realtà mi muovo, con dei micro movimenti ma molto più profondi. Ecco questo momento lo vedo così. Nella seduta di oggi ho anche appoggiato la testa per terra nella pinza divaricata. Ho avuto paura si, ma ho tenuto la posizione. Buona pratica a tutti. Namasté.

  • LO YOGA e COS’ALTRO?

    Semplicemente un tappetino per un tempo per sé, per entrare in dialogo e in sintonia con se stessi attraverso movimenti del corpo, si codificati, ma per ognuno individuali adatti alla propria corporeità, al ritmo del proprio respiro trasformandolo da irregolare a regolare in sintonia con il movimento, creando quell’unità frutto del diventare noi se stessi respiro.
    Il corpo finalizzato a creare la posizione, privo di altre intenzioni, si permea e si stabilizza nell’asana, vi permane senza sforzo lasciando spazio e dando accesso a quello che – quando accade – chiamo dialogo interno.

  • La sera accendiamo una candela e la mettiamo sul davanzale, bene in vista. Un segno di speranza per chi la nota. Accendere la candela e sentire una corrispondenza dentro è un fatto di grande rilevanza. Io sono in “prima linea” in questo momento; è bellissimo muoversi in modo presente, stabile, leggero tra il pessimismo e la grande aggressività manifestata da molti. Un atteggiamento di Cura che parte dal profondo. Un abbraccio.

  • Grazie Andrea delle belle parole che ho sentito come molto salutari in questo momento di forzato distacco fisico fra le persone. Ci hai fatto capire come i fili invisibili che ci tengono uniti siano sempre presenti e attivi, se solo poniamo loro un po’ di attenzione. La cura di noi la impariamo al centro, ma possiamo esercitarla in qualsiasi momento e luogo, insieme o a distanza. Che poi diventa cura, attenzione, e in fin dei conti amore per tutti i nostri simili e tutti gli esseri senzienti.
    Un abbraccio a tutti,
    Alvise

  • In momenti come questi dove all’apparenza ci si vede più soli e isolati da tutto basta il silenzio nella pratica per colmare la distanza.
    In silenzio a gambe incrociate mi sento vicino a coloro che praticano, hanno praticato e praticheranno.

  • Non conosciamo l’autore di questa poesia ma sicuramente le sue parole sono molto importanti!

    E la gente rimase a casa
    E lesse libri e ascoltò
    E si riposò e fece esercizi
    E fece arte e giocò
    E imparò nuovi modi essere
    E si fermò

    E ascoltò più in profondità
    Qualcuno meditava
    Qualcuno pregava
    Qualcuno ballava
    Qualcuno incontrò la propria ombra
    E la gente cominciò a pensare
    in modo differente

    E la gente guarì
    E nell’assenza di gente che viveva
    In modi ignoranti
    Pericolosi
    Senza senso e senza cuore
    Anche la terra incominciò a guarire

    E quando il pericolo finì
    E la gente si ritrovò
    Si addolorarono per i morti
    E fecero nuove scelte
    E sognarono nuove visioni
    E crearono nuovi modi di vivere
    E guarirono completamente la terra
    Così come erano guariti loro.

  • Ora sento il mio respiro, lento e regolare. Che meraviglia!

  • Da quando abbiamo cambiato le nostre abitudini la primavera ha iniziato a manifestarsi in tutti i suoi bellissimi colori, nelle sue forme originali, nei suoi profumi così vari e irripetibili. Sta forse fiorendo una nuova coscienza in ciascuno di noi? Sono molti i segnali che arrivano in tal senso. Le situazioni di difficoltà sono forse quelle in cui è più facile far emergere qualcosa di nuovo. Il silenzio permette l’ascolto e l’ascolto permette di fare un po’ di ordine, di ritornare all’essenziale ed alle vere priorità. Le pratiche aiutano, sostengono, danno chiarezza e portano a nuove visioni. Così come aiuta sentirsi su un percorso comune, collegati, come ci ricordi tu Andrea, da una relazione energetica che tende all’evoluzione. Osservando il pesco giapponese nel mio giardino ci percepisco come fiori di uno stesso ramo, rami della stessa pianta, radici di una terra comune, sospesa in uno spazio senza confini. OM SHANTI

  • Cari compagni di yoga, la pratica ci può aiutare a VIVERE ogni movimento, ogni respirazione, ogni attimo con presenza . Cercando di stare in ogni movimento, ogni respirazione, ogni attimo possiamo collegarci anche fra di noi; distanti fisicamente, ma uniti nella presenza. Un saluto affettuoso a tutti, Maria

  • Nella sua difficoltà e – per molti – drammaticità – è un momento che offre anche preziose opportunità di crescita. Grazie per questa ulteriore risorsa che si aggiunge ai nostri strumenti di lavoro appresi con lo Yoga e lo Zen.

  • Grazie Andrea e grazie a tutti i maestri che malgrado questo giorni difficili fanno sentire la loro vicinanza ed il loro affetto. Ammetto che lo yoga mi sta aiutando moltissimo in questa situazione, soprattutto le respirazioni. Avendo più tempo, riesco a regalarmi una seduta al giorno e questo placa i miei pensieri e i miei malesseri. Mi sono ripromessa che quando questo bruttissimo periodo terminerà proverò a trovare più tempo per me, per il mio pensiero,per il respiro, cercherò di ascoltare e ascoltarmi di più. Un abbraccio a tutti voi. A presto Rosanna❤️

    • Cara Rosanna, cari tutti, penso anche io alla seduta proprio come un regalo che posso fare a me stessa. E col tempo e con la pratica, non più come un regalo nel senso che ‘melo “merito” perchè ho già fatto A, B, C… oppure perchè è successo, o non è successo, D, E, F…’ (cioè, rimanendo sul fare o sulle cose esterne che succedono o non succedono) , ma invece come un bisogno, un nutrimento essenziale per il mio essere più profondo. Un caro saluto, Maria

  • Grazie Andrea bella idea, a presto. Un saluto a tutti.

    Alessio